Si sono mossi all’alba in tutta Italia i Carabinieri, coordinati dal comando di Roma, per portare a segno l’Operazione Match Point, le cui indagini sono iniziate due anni fa. Il loro obiettivo era una banda internazionale di hacker guidata, secondo quanto si è appreso, da un ex collaboratore di giustizia di Cosenza, coaudiuvato dal fratello, esperto informatico, che lavorava da casa, dove era già ristretto agli arresti domiciliari a seguito di una recente operazione condotta dalla Polizia Postale. Oggi sono state arrestate 23 persone, di diverse nazionalità, accusate di associazione per delinquere transnazionale finalizzata alla contraffazione di carte di credito, accesso abusivo a sistema informatico, truffe on line, ricettazione e falsificazione di documenti d’identità. Centinaia le perquisizioni effettuate, soprattutto a Roma e in Calabria. Qui siamo a Cosenza, dove, tra la città e l’hinterland, sono finite in carcere sei persone e altre tre sono ai domiciliari. Ma sono stati disposti anche due obblighi di firma. All’interno dell’organizzazione anche alcune donne, che si facevano assumere nei centri commerciali per sostituire i pos elettronici e poter carpire i codici degli ignari clienti. La banda, dalla Russia, si inseriva nelle banche dati di tutto il mondo e rivendeva i codici personali, fraudolentemente reperiti, a varie centrali di clonazione. In Calabria e a Roma i due maggiori centri organizzativi. A Milano, Brescia e Napoli erano state create le centrali operative. Centinaia gli utenti di internet, centri commerciali e negozi di lusso vittime dell’organizzazione, che avrebbe prodotto un ingente volume d’affari, un milione di euro ogni sei mesi, grazie a veri esperti informatici, quasi tutti italiani, che avevano da tempo stretto alleanze con organizzazioni di hacker russi, dai quali acquisivano numeri di carte di credito, nomi e indirizzi, date di nascita, passwords, numeri di conti correnti, attraverso canali di comunicazione criptati. Una volta in possesso dei dati, la banda era in grado di realizzare carte di credito, carte prepagate, documenti d’identità, buste paga, atti societari e molto altro ancora. Tutto stampato in un opificio clandestino scoperto ad Ostia. Con le carte clonate si acquistava merce su internet, poi rivenduta a prezzi stracciati a commercianti compiacenti. Ma il gruppo fingeva anche di vendere della merce nei siti di aste on-line ed intascava la caparra dopo aver invitato l’acquirente a ricaricare una carta prepagata. Nel corso delle perquisizioni compiute questa notte, in varie città d’Italia, sono state sequestrate 422 carte di credito clonate, 84 computer, stampanti e hard-disk. Le indagini, dicono gli inquirenti, non sono ancora concluse.


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