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Proof of Work vs Proof of Stake

da Lo Staff di HackerSecret.it / venerdì, 01 Gennaio 2021 / Pubblicato il Hacking
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I meccanismi di Consenso che verificano l’autenticità delle transazioni all’interno di una Blockchain.

(Link all’articolo precedente su cos’è una blockchain)

Sia il Proof of Work che il Proof of Stake sono cosiddetti meccanismi di consenso che servono a validare le transazioni che avvengono in una blockchain senza dover affidarsi a un mediatore esterno.
Il Proof of Work è il modello utilizzato per la prima volta da Satoshi Nakamoto ed è attualmente il meccanismo su cui si basa la Blockchain di Bitcoin. Serve a garantire che una transazione sia valida e non si verifichino truffe o transazioni errate come nel caso dei double-spending, tecnica usata per spendere gli stessi Coin più di una volta.

Alla base del PoW sta la crittografia (da qui il nome cryptocurrency), ovvero complessi algoritmi matematici che, per verificare le transazioni, richiedono la soluzione di un calcolo computazionale risolvibile solo da potenti computer. Il primo miner in grado di risolvere l’algoritmo, validando le transazioni di quel blocco, riceve una ricompensa in Bitcoin.

Il PoW, per quanto rivoluzionario presenta alcuni limiti, come il significante consumo di elettricità che utilizzano questi super computer e il limitato numero di transazioni che possono essere processate contemporaneamente.
Infatti ad oggi per confermare una transazione e passare al blocco successivo nella blockchain di Bitcoin servono quasi 10 minuti e il network può gestire al massimo 7 transazioni al secondo, portando ad un massiccio aumento delle commissioni di ogni transazione. E sebbene adesso le “fees” siano gradualmente diminuite, restano comunque troppo alte per rendere Bitcoin un metodo di pagamento in grado di consentire le micro-transazioni e quindi di renderlo denaro stabile e universale come auspicato nel whitepaper rilasciato da Satoshi Nakamoto.

Per ovviare a queste cause è stato introdotto un nuovo modello di consenso, il Proof of Stake, lanciato per la prima volta dalla criptovaluta Peercoin, è stato adottato recentemente anche dalla seconda criptovaluta per capitalizzazione di mercato, Ethereum. La prima implementazione del sistema Proof of Stake risale al 2012 e può essere attribuito a due sviluppatori, Scott Nadal e Sunny King, che lo utilizzarono con l’intento di garantire un minore impatto energetico, un processo di mining più giusto ed equo e per aumentare la scalabilità delle transazioni.

Mentre per il PoW si premia il miner per aver risolto il calcolo computazionale, nel Proof of Stake, è l’utente che ha il maggior numero di token in “staking” a confermare le transazioni e accedere al blocco successivo.
E mentre per il modello PoW si assegna un premio ogni volta che viene verificato un nuovo blocco, coloro che contribuiscono al sistema Proof of Stake guadagnano semplicemente la commissione di transazione.

Oltretutto, per avere l’opportunità di convalidare le transazioni, l’utente deve mettere i propri token in un wallet specifico. Questo wallet congela le criptovalute che vengono utilizzate per lo staking. La maggior parte delle blockchain PoS ha un requisito minimo di token necessarie per iniziare lo staking, il che ovviamente richiede un grande investimento iniziale. Nel caso di Ethereum il minimo è 32 ETH. In più, l’utente che ha il maggior numero di coin in staking ha in percentuale una maggiore possibilità di ottenere la ricompensa, rendendo il modello PoS elitario tanto quanto se non più del PoW.

L’articolo Proof of Work vs Proof of Stake proviene da F-Hack.

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Taggato in: Proof, Stake, work

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